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  • Dr.ssa Cazzaro Leonia Paola

Ama il tuo smartphone come te stesso



L'epoca in cui viviamo è certamente connotata da cambiamenti inimmaginati e da incognite. I cambiamenti che abbiamo potuto osservare fanno prevalentemente riferimento all'introduzione nella quotidianità di tecnologie digitali, social network e internet. Ciò che viene modificato è lo stile di vita e lo sviluppo dei giovani, ma quali sono i danni e i vantaggi di questa tecnologia? Come possiamo arginare i possibili effetti collaterali sui giovani e per estensione sulla sanità mentale e sul benessere della popolazione?

Per comprendere e rispondere a queste domande l'autore del libro “Ama il tuo smartphone come te stesso: Essere più felici al tempo dei social grazie alla Digital Mindfulness, Paolo Subioli, utilizza tre diversi tipi di strumenti, tra cui le neuroscienze, la mindfulness, ed infine l'interpretazione dell'autore stesso tramite la propria pratica professionale.


Come già detto la mindfulness nasce dalle ricerche di un medico statunitense, Jon Kabat-Zinn, che ha applicato le sue intuizioni in ambito accademico.

L'intuizione più importante fu quella di considerare le potenzialità della meditazione in sinergia con la medicina ufficiale. L'originalità delle ricerche di Kabat-Zinn risiede proprio Nell'aver considerato la meditazione a fini terapeutici, eliminando ogni riferimento al buddismo i cercando quindi di renderla una pratica svincolata dalla sfera religiosa e da qualsiasi credo.


Di mindfulness se ne parla sempre più spesso. Si mostra un grande interesse verso il suo utilizzo in aziende soprattutto quelle più giovani legate all'economia digitale. È ormai conosciuto il programma attuato da Google stesso, intitolato “Search inside yourself”, ma numerose altre aziende si avvalgono di corsi basati sulla piena consapevolezza, fra cui Apple, Sony, Adobe Systems, Ikea…

Se pensiamo alla diffusione di internet possiamo osservare un salto significativo con l'introduzione degli smartphone nel mercato, che di fatto rendono “tascabile” la rete.

Le nostre capacità di comunicazioni, di ricerca informazioni e addirittura di pensare diventano esponenzialmente maggiori quando abbiamo tra le mani uno smartphone.

L'approccio basato sulla “Digital Mindfulness” che l'autore del libro propone, cerca di comprendere i meccanismi mentali umani che intercorrono appunto mentre si utilizzano dispositivi tecnologici e si naviga nel web. Cerca inoltre di riconoscere le migliori modalità di utilizzo riducendo al minimo gli effetti collaterali negativi come ad esempio lo stress, la scarsa concentrazione, l'ansia.

Il rapporto e la relazione con gli strumenti digitali si sono notevolmente evoluti negli ultimi dieci anni. Soprattutto per i giovani l'utilizzo della tecnologia è concomitante quasi ai primi mesi di vita punto si parla appunto di nativi digitali.


Il percorso Digital Mindfulness


L'utilizzo della digital mindfulness e ad oggi pianificato e progettato per le aziende. Si è potuto osservare come le nuove tecnologie hanno eliminato numerosi confini e limiti fra vita lavorativa e vita privata.

a. Distrazione: Quando parliamo di distrazione non possiamo che fare riferimento alla numerosità di stimoli ai quali siamo sottoposti quotidianamente. Gli svariati dispositivi tech ottengono la maggior parte della nostra attenzione e capita talvolta che nel guardare la nostra serie tv preferita sul nostro iPad ci dimentichiamo di dover preparare la cena, di studiare, o di svolgere addirittura il programma della giornata.

Se analizziamo etimologicamente la parola distrazione possiamo osservarne una valenza diversa rispetto a quella che solitamente gli attribuiamo: dal latino “distrahēre” che significa dividere, separare. Una separazione, quella che ci portano i nuovi media, tra realtà digitale e realtà concreta.

Non appena lo smartphone si spegne però, ciascuno si trova a fare i conti con la propria individualità i propri disagi, le proprie emozioni inespresse e il proprio malessere. Ed è allora che l'ansia, la rabbia la paura e l'insoddisfazione emergono in maniera dirompente aprendo la strada al senso di colpa. In questi casi la mente diventa giudicante e distrarsi diviene la conseguenza per non pensare al disagio che non vogliamo osservare.

Utilizziamo internet per rimanere in contatto. Sostanzialmente la rete, e quindi per estensione internet vengono utilizzati in maniera sempre più esponenziale per compensare la nostra paura di rimanere soli


Oltre al bisogno di affiliazione, viene gestito anche attraverso le tecnologie, emerge nella quotidianità l'ardua impresa di essere accettati. Possiamo utilizzare e-mail, telefonate, SMS, Skype, whatsapp...

Ogni volta che utilizziamo un social proiettiamo le nostre aspettative e percepiamo talvolta le aspettative che gli altri hanno verso di noi.

Bauman[1] asserisce che per poter sviluppare le abilità sociali di cui abbiamo tanto bisogno è importante avere incontri reali con persone vere, che non vengano considerate amiche solo per un click su Faceboook. È tristemente noto, ormai, come la socialità online sia divenuta surrogata, in quanto tutto è più immediato più facile e meno costoso, a livello di sforzo mentale, emotivo e personale.

Paradossalmente, più si è connessi e più ci si sente isolati. L'importanza della comunicazione faccia a faccia risiede nell’imparare ad avere pazienza, a prestare attenzione al tono di voce e alle sfumature di intonazione. I giovani di oggi risultano invece assuefatti dai continui input tecnologici che permettono di sfuggire alla noia, di non essere nel qui ed ora ma di essere da un'altra parte. Il desiderio maggiormente diffuso è quindi quello dell'avere tutto nell'immediato semplificando notevolmente la realtà e ponendoci sempre meno domande.

La responsabilità di educare quindi i giovani ad un utilizzo consapevole, risiede nelle mani di genitori, insegnanti, educatori, psicologi e tutti i professionisti coinvolti nella quotidianità dei ragazzi.


§ Esercizi

a) Ridurre le distrazioni sul posto di lavoro: è importante produrre nel tempo minore e nel modo migliore. Per una questione di etica e di rispetto.

Subioli fornisce alcuni consigli per ridurre le distrazioni sul posto di lavoro:

o Ordine sulla postazione di lavoro, per evitare inutili perdite di tempo, smaltendo ciò che non è più necessario ed evitando decorazioni che distraggono.

o Organizzazione del tempo personale attraverso un planning gerarchicamente impostato per importanza. Non strafare: meglio pochi obiettivi ma raggiungibili che facciano sentire competenti ed autoefficaci. È importante stabilire delle pause! Non siamo delle macchine.

o Disabilitare notifiche (si può impostare la modalità “non disturbare” per non ricevere ogni secondo notifiche inutili. Se si deve usare il cellulare o le mail per lavoro, fissare degli orari da rispettare (es. 3 orari in cui aprire le mail) rispettando le regole.

o Stabilire delle pause dalla tecnologia: non solo per l’uso lavorativo ma anche per i social!

o Se si è in riunione, staccare la connessione internet (sia WIF che dati mobili). Non si usa il telefono quando gli altri parlano di importanti questioni lavorative. È possibile annotarsi le cose a penna.

b) Camminare per rifocalizzarsi: essere completamente travolti dalla giornata fa perdere di vista le priorità. Non solo lavorative ma anche affettive e sociali!

o Subioli consiglia di seguire le indicazioni di Janice Marturano, fondatrice dell’Institute for Mindful Leadership: “appena cominci a muoverti, dirigi la tua attenzione alle sensazioni del corpo, ai colori, ai suoni, agli odori che percepisci nel corridoio. Appena noti che la mente va alla prossima riunione, o a quella che hai appena lasciato, torna alla consapevolezza del camminare. Ricordatelo: il corridoio è una zona franca dove non arrivano e-mail, telefonate o testi da leggere[2]

o Passeggiare all’aria aperta e nel verde permette di “rigenerare” l’attenzione

o Nello spostarsi da un luogo all’altro è utile focalizzare l’attenzione al corpo, ad esempio notando cosa sentiamo dal movimento di braccia e gambe, dal contatto dei piedi con le scarpe e sul suolo.

o È importante idratarsi e bere, per ritrovare sensazioni corporee su cui focalizzarsi e divenire consapevoli.

a. Disincarnarsi: Le ore che si passano davanti ai dispositivi cresce sempre più, in qualsiasi fascia d’età, soprattutto con le nuove restrizioni dovute alla pandemia da nuovo Coronavirus e le conseguenti quarantene. Il nostro corpo, dopo diverse ore che stiamo al pc, ci manda dei segnali come, ad esempio, il mal di schiena, collo o spossatezza. Steve August, un fisioterapista neozelandese, ha coniato un termine molto efficace – iHunch – per indicare la postura ingobbita tipica di chi passa tante ore al giorno chino sullo smartphone.[3]

Con la nuova pandemia da Covid-19 anche se potevamo chiamare i nostri affetti, non potevamo toccarli, non potevamo accarezzarli o sentirli. È stato come essere in un limbo in cui dover reprimere alcuni dei nostri sensi per usarne solo due: vista e udito.

§ Esercizi:

1. STOP, una risposta allo stress: usare eccessivamente i dispositivi elettronici può essere stressante. Lo stress in sé non è un male, ma la risposta comportamentale e psicologica che ne deriva può essere negativa e impattare fortemente sul benessere. Dobbiamo imparare a fermarci (STOP) intenzionalmente[4].

2. La campana della consapevolezza: ci sono diverse app e software che permettono di prendere una pausa dalla tecnologia. Questo permette di usarla e padroneggiarla a nostro favore.

3. La postura che cambia il corso degli eventi: riprendendo il concetto di posizione “iHunch”, è fondamentale assumere posture corrette e positive per il benessere ma anche l’immagine che diamo di noi! Testa alta e non china sullo smartphone!

4. Passeggiata all’aria aperta: Alcuni studi[5] evidenziano benefici del passeggiare. Oltre all’attenzione, come già visto, migliora la salute cardiovascolare, riduce lo stress, migliora autostima. Facilita la perdita di peso, induce pensiero creativo e rafforza muscoli e ossa.


Iperattivismo vs. fermarsi

a. Iperattivismo: se da una prospettiva la tecnologia soddisfa il bisogno di affiliazione, dall’altra tiene le persone perennemente attivate a qualsiasi ora ed in qualsiasi luogo. Tutti postano qualcosa che faccia “passare” l’idea di perfezione, di un lavoro nuovo e ben pagato, una vacanza speciale, una relazione inattaccabile. Questo intacca fortemente l’autostima. È sempre attivo un incessante confronto impari e inutile.

b. Fermarsi: l’interdipendenza tra cervello e cellulare è ormai ai massimi storici. Se dobbiamo contrastare l’iperattivismo, dobbiamo fermarci. Non escludendo i dispositivi tech, ma riprendendo il controllo cosciente e critico del loro utilizzo:



Esercizi:

1. Staccare lo smartphone: compagno fidato e angelo custode, non ci stacchiamo mai dal nostro telefono. E se provassimo a ri-affidarci alla nostra memoria? Una pratica utili può essere quella di avere un’agenda cartacea o un diario.

2. On/Off: siamo sempre in modalità multitasking e non sappiamo più cosa significhi vivere senza un compito. Siamo online e disponibili 24/7. È importante selezionare di momenti in cui spegnere completamente il telefono e disconnettersi dai social. Ad esempio, a cena con il partner, mentre si è con i figli in mezzo al verde o al lavoro, mentre si guida, ma anche mentre si cammina per strada!

3. Body scan seduti: Una delle tecniche più diffuse, riporta l’attenzione al corpo e al qui ed ora.

4.

a. ipernutrizione: i nostri smartphone sono la fonte primaria di “alimentazione” della nostra mente. Ma di cosa ci nutriamo?

Ogni volta che postiamo qualcosa, “nutriamo” inconsciamente la mente di chi ci legge. Se il nostro corpo “ingrassa” quando mangiamo troppo, cosa succede alla mente se riceviamo troppe informazioni? Andiamo in sovraccarico di informazioni e le nostre “prestazioni” si riducono.

Esercizi:

1. Commentare articoli come pratica di amore: Anche nel commentare o postare online, bisogna ricordarsi di essere grati e gentili con gli altri per far circolare contenuti veri, di qualità, arricchenti e non dannosi o frustranti. Consente di ridurre la grande aggressività che si diffonde facilmente sui social.

a. Virtualizzazione: La massa di dati, enorme, presente online viene definita “big data”. Essi contengono praticamente ogni dato del mondo. È come una realtà parallela contenete le informazioni dell’umanità. Si parla quindi di una nuova dimensione della verità, quella digitale.

Si costituisce così anche un’immagine del sé digitale, tramite le innumerevoli tracce incancellabili che lasciamo online. A livello psicologico, ci relazioniamo costantemente con il nostro “io digitale”, cercando di rendere il più possibile simile a noi, oppure creandoci identità fittizie (il fenomeno del catfish). Ma la realtà è che condividiamo online solo quello che ci rende “sicuri”, non l’intero “sé”. Il nostro cellulare conosce e contiene tutti i nostri segreti più intimi ma non ci giudica, è quasi meglio di un amico vero. Ed è in questo contesto si introduce il concetto di privacy. Siamo così legati alla nostra riservatezza, eppure, pubblichiamo qualsiasi tipo di informazione sensibile “affidandoci” a Google, Facebook, Instagram… Gli aspetti più intimi e cari della nostra vita vengono diffusi online.

b. Essere consapevoli: Non riusciamo più a cogliere e differenziare reale da digitale. Viviamo una doppia realtà con tutti gli sforzi che questo comporta. Ci fossilizziamo sulla costruzione di un’identità digitale fittizia, non reale. E temiamo che qualcuno possa scoprire che non siamo il profilo su Instagram, o meglio, non siamo solo quello. È come se il telefono diventasse la nostra “scatola nera” che però non racchiude la realtà, in quanto può essere alterata a piacimento anche falsificando ciò che siamo. È importante quindi non stabilire un approccio dualista con la tecnologia ma riconoscerla come parte di noi e rendendola nutrimento per il nostro essere, rendendo la “scatola nera” il più trasparente possibile. Una trasparenza che si rifletta non solo nella nostra identità, bensì sui contenuti che pubblichiamo, sulle reaction che lasciamo.


Esercizi:

1. Scatola nera al controllo: Quali sono le attività che svolgi online che desideri che gli altri non sappiano? Perché? Fai chiarezza sull’uso etico e consapevole dei tuoi dispositivi.

2. Check-up digitale: verificare la propria presenza online tramite cronologia e app di messaggistica. Si è usata la gentilezza e la compassione?


Precarietà vs. accettare il cambiamento

a.Precarietà: Il digitale, mette ai margini numerose persone. La nostra mente giudica costantemente quando non siamo in grado di fare, o acquistare, qualcosa. Non è facile accettare il cambiamento e l’impermeabilità delle cose. Il digitale diviene quindi emblema della dinamicità e immaterialità della nostra società contemporanea. Le foto pubblicate su facebook, ad esempio, non stanno da nessuna parte ma sono contemporaneamente ovunque, e le persone perdono in parte il controllo su di esse, non essendo neanche più i proprietari al 100%.

b. Accettare il cambiamento: soffriamo poiché ci leghiamo fortemente alle cose e alle persone sperando che non mutino mai. Possiamo sfruttare il digitale per comprendere più a fondo la realtà.

a.Soluzionismo: rendiamo lo smartphone, con tutte le sue app diverse per ogni cosa, la soluzione a tutto. Deleghiamo sempre di più alla tecnologia, anche i nostri segreti più intimi. Si da fiducia totale ai dispositivi. Quando usiamo il navigatore, spegniamo la mente e ci affidiamo alle sue indicazioni anche se ci fa fare strade impervie o giri lunghissimi. Non contempliamo l’ipotesi che il nostro smartphone possa sbagliare. Evgeny Morozov, sociologo ha creato il concetto di “soluzionismo” per denotare l’idea prevalente che ogni problema sociale abbia la sua soluzione tecnologica. Ma sotto al soluzionismo, troviamo qualcosa di maggiormente profondo. Una sorta di misticismo che porta a considerare lo smartphone e il web come una religione vera e propria.[6] Nel frattempo, si diventa “analfabeti emotivi”, lasciando la componente umana schiacciata dal progresso. Viene impoverita la nostra intelligenza emotiva, delegando tutto ad emoticons e reactions.

b. Sentirsi umani: vi è collaborazione tra tecnologia e cervello. Più si delega al tecnologico, più si riduce il libero arbitrio.

Esercizi:

1. Telefonare per fare gli auguri: evitiamo di fare gli auguri tramite Facebook o con un’emoji su WhatsApp. Tutto si esaurisce in pochi secondi. Possiamo fare una chiamata o, ancora meglio, una videochiamata.

a. Nudità: è ormai noto il fenomeno del cyberbullismo, ed è in costante crescita. Si tratta di fenomeni di violenza online tra minori.

b. Dimorare online: siamo completamente nudi online. Chiunque può reperire informazioni su di noi. Ma dobbiamo rendere le tecnologie degli strumenti di crescita personale, e non di frustrazione, svilimento e aggressività. Questo ci responsabilizza verso gli effetti delle nostre azioni online, adottando di conseguenza un atteggiamento sano verso sé e gli altri. È fondamentale quindi adottare una condivisione consapevole dei contenuti secondo il principio di rispetto e di responsabilità. Bisogna avere buona capacità di valutare l’attendibilità delle fonti.


Esercizi:

1. Condivisione consapevole: davanti a un post gradito, rifletti sul perché vuoi condividerlo e sugli effetti che potrebbe avere. Inoltre, indaga la sua attendibilità.

2. Contribuire a Wikipedia: si tratta di una delle più sensazionali creazioni, che racchiude il sapere dell’intera umanità. Crea un account personale su Wikipedia, per modificare qualsiasi contenuto se ne hai le conoscenze. Se noti un errore, correggile. Non temere di sbagliare e cerca di contribuire alla comunità mondiale.

[1] Z. Bauman, C. Bordoni, Stato di crisi, Einaudi, 2015. [2] Mindful.org/mindful-voices/on-leadership/take-a-walk-down-the-meditation-hallway. [3] Amy Cuddy, How iPhones Ruin Your Posture and Your Mood, “The New York Times”, 13 dicembre 2015. Il termine iHunch combina il prefisso “i” derivato dall’iPhone con “hunch”, stare incurvati. [4] Creato da Elisha Goldstein per il suo programma MBSR per la riduzione dello stress. È un acronimo che sta per Stop, Take a breath, Observe your body, emotions an thoughts, and Proceed to what is most important. [5] Carolyn Gregoire, Taking A Walk In Nature Could Be The Best Thing You Do For Your Mood All Day, “The Huffington Post”, 23 settembre 2014. [6] Kevin Kelly, The Internet Is My Religion, “The Technium”, luglio 18, 2011 (kk.org/thetechnium/the-internet-is/).

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