
Il liceo Malpighi di Bologna per l'a.s. 2022/2023 ha vietato l’uso di cellulari a studenti e professori in classe. Si riapre quindi il dibatto su un tema molto importante: lo smartphone in classe va bene oppure no??
Al Malpighi bisognerà depositare il proprio smartphone in ingresso, e poi riprenderlo all’uscita da scuola.
Le dichiarazioni dei dirigenti bolognesi sono le seguenti: “L’idea era nata dal fatto che lo scorso anno in una classe si erano verificati dei casi di cyberbullismo. In quell’occasione avevamo deciso di impedire l’uso degli smartphone e abbiamo visto che, anche senza il cellulare, i ragazzi resistevano e anzi stavano più attenti durante le lezioni e i rapporti erano migliori.” [Si rimanda al lettore l’intervista completa a Marco Ferrari, Preside del Liceo Malpighi di Bologna]
Una legge del 2007, però, il DM 104 del 30/11/2007 precisamente, rimarca la possibilità di portare il cellulare a scuola, spento, e senza mai essere usato per fare foto/video o violare la privacy dei presenti.
Dal 2007 ogni scuola ha poi agito diversamente, ci sono state scuole più radicali e altre meno. Ma quindi quale di queste ha ragione?
È molto difficile rispondere, soprattutto perché parliamo di un tema che va aldilà della questione “lo smartphone distrae i ragazzi” … il dibattito, infatti, poggia su un ampio cambiamento della nostra società, che ancora fatica ad essere accettato dai più: per educare alla tecnologia, nel 2022, in un’epoca di progresso ma anche di infinita fragilità, serve la tecnologia. Serve "coscientizzare", cioè rendere consapevoli i giovani e gli insegnanti ad un uso pensato e finalizzato degli strumenti tecnologici.
Giovanni Boccia Artieri, docente dell’Università di Urbino, direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione e già membro del Gruppo di lavoro per la valutazione dell’uso dei device digitali personali in classe (costituito con decreto della Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli) afferma: “Non dobbiamo concentrarci né sulla demonizzazione del cellulare né sul suo utilizzo, piuttosto dobbiamo educarci all’uso degli smartphone nei diversi contesti. In questo caso il contesto è la classe, quindi, è importante come prima cosa insegnare a regolare il tempo dell'apprendimento con smartphone da quello senza smartphone. Un esempio: se l’insegnante spiega Catullo e i ragazzi guardano i telefoni non c’è educazione all’utilizzo, tutt’altra esperienza invece viene fatta se con il cellulare si fa una ricerca attiva proprio su Catullo, portando dei contenuti aggiuntivi alla lezione”.
Barbara Laura Alaimo, pedagogista, afferma: “È interessante che il divieto di utilizzo degli smartphone nell’istituto bolognese non sia rivolto solo agli alunni ma coinvolga anche i docenti. Possono sembrare facili considerazioni ma l’esempio di noi adulti, più che le parole, può fare la differenza. Perché spesso siamo i primi a non ascoltare i più giovani e a tenere lo sguardo incollato sui nostri dispositivi.”
La linguista Vera Gheno e autrice di “Tienilo acceso”, il libro che all’ultimo esame di maturità era traccia di uno dei temi di italiano, scrive così in un suo post su Facebook: “.... Certo, impegnarsi a capire come usare il cellulare in maniera proattiva a scuola è più complesso che non agire così, in modo muscolare... Ero convinta che il periodo pandemico ci potesse aver insegnato qualcosa rispetto alle potenzialità dei dispositivi elettronici, ma mi sa che di strada da fare ne abbiamo ancora tanta.”
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