L’educazione sessuale dei nostri figli nell’era di internet Di Alberto Pellai
Le scoperte neuro scientifiche degli ultimi decenni ci hanno fornito informazioni straordinarie sull’evoluzione del cervello nelle differenti fasi della crescita, soprattutto rispetto allo sviluppo della sessualità e alla sua transizione nell’”era digitale”. Ora siamo a conoscenza che la preadolescenza è forse l’età più vulnerabile davanti all’iperstimolazione, all’eccesso di eccitazione e alla mancanza di regolazione che connotano le attività online. Per capire come sia possibile supportare il benessere, la crescita e la salute sessuale di un figlio “nativo digitale”, è necessario tenere conto delle insidie cui spesso un utilizzo non corretto delle nuove tecnologie può esporre i preadolescenti e gli adolescenti, agendo in prevenzione con consapevolezza. In quest’ottica, Alberto Pellai ripropone agli albori del 2021, ai genitori e ai professionisti, delle basi educative su questi argomenti, già affrontati nella prima edizione del suo libro “Tutto troppo presto” (2015), ora più attuali che mai. In particolare, la frequentazione di siti pornografici, l'adescamento online, la sessualizzazione precoce delle ragazze e il sexting, sono i quattro temi protagonisti della prima versione del volume di Pellai che oggi, esattamente come sei anni fa, rappresentano delle priorità assolute nell’intervento educativo e preventivo in età evolutiva.
Adolescenti, sesso e media: perché i figli hanno bisogno di noi per una sana educazione sessuale
Il punto di partenza definito da Pellai è che i genitori debbano offrire un modello affidabile e un codice di condotta coerente per i figli; questo vale per i comportamenti off-line come per quelli on-line. Di fatto, accade di frequente che i genitori, non avendo avuto occasione di gestire stimoli legati all’utilizzo delle tecnologie durante il proprio percorso di crescita, siano impreparati a gestire questo tipo di dinamiche. Basti pensare alla mancanza di privacy e alla percezione del sesso, quest’ultimo ad oggi normalizzato, possibile, fluido e facilmente accessibile nella vita online, un tempo impensabile, i quali espongono le ragazze e i ragazzi a rischi concreti, perché tutto diventa pubblico e disponibile. In sintesi, i genitori non dispongono di modelli educativi al riguardo, perché non hanno avuto modo di apprenderli dai loro stessi genitori; inoltre, essi sono spesso meno esperti di tecnologia dei loro stessi figli e, non essendo coscienti dei rischi, non svolgono un ruolo protettivo, cosa che, invece, farebbero nei contesti che padroneggiano. Ciò avviene anche in virtù della massiccia diffusione che le nuove tecnologie hanno avuto nell’arco di breve tempo: chi non entra nel mondo del 2.0 è tagliato fuori, e si sottrae ad una norma sociale. Così, spesso spinti dal bisogno di eccitazione ed emozione, soprattutto in preadolescenza, i ragazzi rendono pubblici aspetti di sé, della propria vita e del proprio corpo che invece dovrebbero essere protetti dalla privacy. Ne derivano gravi conseguenze, sia per il singolo soggetto che per il gruppo dei pari al quale appartiene. Di tutto questo è complice una tecnologia che rende accessibili in un click contenuti ed esperienze che i giovanissimi spesso non sono in grado di capire e gestire, in quanto privi di uno sfondo conoscitivo ed esperienziale.
Per usare l’esempio offerto dallo stesso Pellai a questo proposito, difficilmente un genitore acconsentirebbe di buon grado a far guidare l’auto al figlio sedicenne sprovvisto di patente, motivando il rifiuto con l’affermazione che il figlio non ha la maturità e l’esperienza adeguata per guidare da solo; lo stesso genitore, di frequente, non ha difficoltà a dotare il figlio di otto anni di un I-Phone, scarsamente consapevole delle conseguenze che possono nascere dall’utilizzo di uno strumento così potente.
Possiamo dire altrettanto dell’aprire un profilo Facebook (cosa che si potrebbe fare non prima dei tredici anni d’età) o dell’usare applicazioni come Whatsapp (il cui utilizzo sarebbe consentito non prima dei sedici anni).
Ecco alcune azioni concrete che nella quotidianità ci permettono di trasmettere ai figli messaggi “alternativi” e consapevoli:
1. insegnate a guardare la tv con occhio critico. Il ruolo delle donne nei programmi televisivi è spesso “decorativo e di contorno”. Questa tendenza si è molto diffusa anche nei programmi per ragazzi. Potrebbero rivelarsi molto utili domande del tipo: Non ti sembrano un po’ tutte uguali? Che cosa si vede del loro “saper essere” in un programma così concentrato sul lato esteriore? Trovi giusto che in questi concorsi facciano una classifica che stabilisce il valore di cento ragazze in base ai parametri e alle prove proposti? Un’estremizzazione di questo meccanismo sono i concorsi di bellezza per giovanissime e addirittura per bambine. Discutete con loro di come i messaggi che celebrano la sensualità e la sessualità autorizzino adolescenti e preadolescenti a credere che il loro valore stia soprattutto nell’aspetto estetico. Quando potete, fermate l’immagine e, osservando il primo piano della ragazza in TV, ponete domande come: Perché, secondo te, si fa tanta pressione sulle giovanissime affinché si mostrino agli altri soltanto in questa versione sexy e provocante? Quali caratteristiche ritieni importante che abbia una bambina/ragazza quando devi passare tanto tempo in sua compagnia? Secondo te, queste caratteristiche contano di più del modo in cui appare e si mostra agli altri?;
2. discutete insieme del modello dominante. Per le ragazze è un dato di fatto: fin da molto piccole, il mercato le spinge a vivere nel proprio corpo, più che a vivere il proprio corpo. Provate a fare un’analisi per settore: per esempio, soffermatevi sui contenuti e sulle immagini di un magazine sportivo e di uno di moda. Notate quali ruoli hanno le donne nell’uno e nell’altro. Provate a discutere con lei di quanto gli abiti e la preoccupazione per il look, con infiniti controlli e risistemazioni davanti allo specchio, rubino tempo ed energie a molte altre attività che potrebbero essere ugualmente importanti, come lo studio, le relazioni con gli amici e la ricerca di interessi alternativi da coltivare nel tempo libero. Aiutatela a comprendere che a dare valore a una persona non sono gli sguardi altrui, ma la capacità che ha di raccontarsi a sé stessa, di sentirsi importante e significativa non solo per l’aspetto, ma anche per com’è e per quello che sa fare. Insegnatele a costruire una mappa delle competenze che secondo lei è necessario possedere per avere davvero successo nella vita, e assicuratevi che includa competenze reali, non soltanto aspetti esteriori e preoccupazioni estetiche;
3. dite la vostra. Se non vi piace un programma televisivo, il testo di una canzone, il modo in cui le ragazze sono raccontate in un video musicale o in un servizio giornalistico, ditelo a voce alta. Spiegate i motivi per cui non condividete quel modo di raccontare la femminilità senza fare prediche o apparire moralisti. Fornite semplicemente il vostro punto di vista. Se, invece, vi imbattete in qualcosa che valorizza la donna in tutti i suoi aspetti, e non solo per l’estetica, spiegate perché vi piace;
4. comprendete il loro punto di vista e cercate di ampliare i loro orizzonti. I giovanissimi, anche rispetto alle preferenze televisive e musicali, si trovano al centro di forti pressioni sociali e di massicce campagne di marketing. Di conseguenza, sono sempre più numerosi coloro che seguono gli stessi programmi televisivi e ascoltano i medesimi artisti, spesso felici di appartenere a una maggioranza. Piuttosto che vietare e negare con forza, molto meglio fare qualche concessione e condividere con i figli pensieri e riflessioni. Essere al loro fianco quando devono decidere che cosa comprare senza risultare troppo invadenti può essere d’aiuto, e soprattutto può servire a includere il parere di mamma o di papà tra quelli consultati prima di una decisione. È sempre meglio essere contestati che non essere considerati affatto. Alla fine, il messaggio da trasmettere è che per voi conta ciò che sono veramente e che le loro capacità vanno ben oltre l’aspetto esteriore. L’atteggiamento più utile nella relazione con figli desiderosi di avere tutto e subito, di bruciare le tappe, di diventare adulti anche se sono solo preadolescenti è quello dell’adulto che ascolta con tranquillità e a volte interviene;
5. incoraggiate attività alternative. Perché le ragazze percepiscano che il loro valore non dipende esclusivamente dall’aspetto fisico, è bene che si sentano apprezzate dagli adulti, nutrite e sostenute in tutto ciò che non ha a che fare con la sola bellezza: l’intelligenza, la capacità di espressione creativa ed artistica, la voglia di stare in compagnia;
6. siate adulti autorevoli e competenti. Educateli, aiutateli a stare con i piedi per terra, date l’esempio: ecco, in tre passi, la strategia che di sicuro vi renderà più attendibili e affidabili degli strateghi del marketing. Educateli. Anche se a volte non è facile e costa fatica e disagio, è importante che sappiate trasmettere messaggi e sostenere conversazioni sulla sessualità. Aiutateli a stare con i piedi per terra. Insegnate ai vostri figli e studenti a focalizzarsi su ciò che ritengono realmente importante, in base ai loro pensieri, sentimenti e valori. Date l’esempio. Il marketing e i media hanno grande influenza anche su noi adulti, che spesso cadiamo nella trappola del mercato quanto i nostri figli, se non di più. Ciò che pensiamo, come ci vestiamo, cosa compriamo, guardiamo, leggiamo e preferiamo insegna ai ragazzi più di mille parole. Saremo per loro un modello a cui ispirarsi se siamo coerenti e credibili, e da cui allontanarsi se, invece, non sembreremo autorevoli.
È importante inoltre definire come, l’immediatezza e facilità con cui è possibile visionare contenuti sessuali richiama al grande tema della pornografia. Su internet, a qualsiasi età, è possibile visitare un sito porno e vedere innumerevoli filmini girati da persone esperte del settore, o anche amatori. La pericolosità di tale esposizione precoce e senza regole o controlli, né spiegazioni, appare ormai evidente.
Molti genitori ignorano che i propri figli guardino film porno già alle elementari. Altri ancora lasciano correre. Il mito dell’uomo “virile” che non può fare a meno dei propri impulsi sessuali è oggi più che mai presente, inculcato nelle menti. La lontananza dei genitori dall’uso di internet rende i giovani sempre più in balia dell’esperienza sessuale online. I filtri e i controlli non solo la soluzione per un percorso preventivo. È essenziale essere adulti attenti e disposti al dialogo. Il “non vedere”, o il non sapere cosa fa il proprio figlio online è una velata dichiarazione di non imporre dei limiti. Spesso pensiamo che se un giovane vede un film porno, al massimo si “svilupperà prima”. In realtà, la visione di questi contenuti può portare a veri traumi, legati ad esempio all’incapacità dei ragazzi di autoregolarsi, incappando in dipendenze patologiche da “cyber-sex”, eccessivo uso di pornografia online o sviluppo di relazioni online con sconosciuti.
Non si tratta di vietare la pornografia, quanto di accompagnare i giovani alla comprensione critica di un’educazione alla sessualità, in cui è necessaria la mediazione di un adulto.
Il sexting
Nata dalla crasi delle parole inglesi “sex” e “texting”, descrive l’atto di condividere messaggi, immagini o video a contenuto sessuale più o meno esplicito, prodotti attraverso cellulari, computer, tablet, palmari e scambiati via chat, social network e programmi di messaggeria istantanea. Non è diffusa solo tra gli adolescenti, ma ha numerosi adepti anche tra giovani e adulti. Se ne parla molto solo da pochi anni, perché il fenomeno è diventato epidemico con la diffusione capillare dei computer e l’avvento degli smartphone di ultima generazione, dotati di videocamere digitali integrate, ora accessibili su scala mondiale e a basso costo grazie alle innovazioni tecnologiche. Il corpo nudo può essere condiviso attraverso un autoscatto o la webcam, senza che l’altra persona possa toccarlo. Ci si può mostrare disinibiti e pronti a tutto davanti a un computer, ma non comportarsi affatto così nella vita reale. In chat, si può fingere di essere molto diversi da come si è davvero, ossia generare identità alternative. E tutto questo alimenta il gioco della fantasia, della curiosità, dell’esplorazione e dell’eccitazione. Grazie alle immagini, l’adolescente può dire a se stesso e al partner che è in grado di entrare in intimità con qualcuno senza dover arrivare al rapporto concreto. Il sexting va incluso tra i comportamenti problematici e a rischio quando ha il solo scopo di rispondere a sollecitazioni narcisistiche o di calamitare l’interesse dell’altro. IEcco che cosa dovrebbe sapere un figlio sul sexting:
- può essere un autogol. Fare sexting può compromettere la propria immagine e reputazione, con risvolti inaspettati e sgradevoli sia nel presente, sia nel futuro. Per esempio, nel gruppo di amici una foto “bollente” può diventare causa di derisione o di esclusione, può essere usata per mettere in imbarazzo, innescare fenomeni di cyberbullismo, condizionare le relazioni con i pari e con potenziali partner, creare stress psicologico;
- può alimentare pregiudizi in futuro. Ciò che viene pubblicato on-line difficilmente è eliminabile per sempre: rimane nella rete, accessibile a chiunque, compresi datori di lavoro futuri, istituzioni accademiche, familiari, amici e conoscenti. È importante che i nostri figli, la prima vera generazione di nativi digitali, siano consapevoli che chi dovrà valutarli per qualsiasi ragione (una posizione lavorativa, l’ammissione a un’associazione sportiva, la candidatura per un partito politico) non verificherà solo il loro curriculum vitae. Nella maggior parte dei casi, un esperto informatico cercherà anche le informazioni reperibili on-line, scovando tutto ciò che è stato seminato nel web sul loro conto;
- può esporre a conseguenze penali. Anche se i ragazzi non ci pensano mai, possedere immagini a sfondo sessuale di minorenni può esporli al rischio di un procedimento penale, secondo la legge contro gli abusi sui minori e la pedopornografia. Se poi le immagini vengono distribuite all’insaputa del soggetto fotografato, il reato si aggrava, diventando non solo di detenzione, ma anche di distribuzione. Non va dimenticato che una fotografia in rete potrebbe essere intercettata da qualunque sconosciuto e per gli scopi più disparati.
L’adescamento online
L’adescamento on-line è forse il tema più temuto dai genitori, perché ci si sente vittime impotenti in balia di una figura esterna che irrompe in casa attraverso internet, se i figli non sono capaci di porsi alcune regole per proteggersi. Adescare un adolescente attraverso i social network è relativamente facile. Si entra in contatto tramite il profilo Facebook o una chat e poi si approfondisce la relazione virtuale condividendo temi sempre più intimi e personali. L’adescatore non ha la faccia dell’orco o del criminale, ma quasi sempre si presenta come una persona molto abile nello stringere e mantenere rapporti con il minore. La maggior parte delle volte i protagonisti sono maggiorenni che usano internet per incontrare e sedurre minorenni, con l’obiettivo di coinvolgerli in attività sessuali. I mezzi di contatto sono e-mail, messaggi sui social network, chat-room, che permettono conversazioni a due in un’atmosfera di intimità e riservatezza. La vittima in genere è consapevole di avere a che fare con un adulto, e anche le sue intenzioni sessuali sono quasi sempre dichiarate. Un minore che naviga in internet può avere le abilità tecniche per gestire la tecnologia, ma non la maturità e le competenze emotive necessarie a scegliere in piena autonomia come muoversi in rete: questo spetta a noi. Ecco le cinque contromisure che ogni adulto dovrebbe prendere con un adolescente per prevenire l’adescamento on-line:
- monitorate le attività su internet del minore a partire dal momento in cui gli viene concesso di navigare da solo, gestire in autonomia il proprio profilo sui social network e utilizzare un indirizzo di posta elettronica personale. Dovrete, perciò, stabilire con lui come e quando verificherete le sue attività in rete;
- se il ragazzo ha già conoscenze dirette online, siate molto chiari circa le vostre aspettative sui suoi contatti con sconosciuti incontrati in rete e sulle misure protettive che deve sempre rispettare;
- parlate a lungo dell’adescamento on-line affinché ne prenda coscienza e sia consapevole del pericolo;
- offrite ai figli la certezza che sarete sempre disponibili a parlare di tutto e che, anche se saranno nel peggiore dei pasticci e avranno paura di confessarvi i propri errori, voi vi preoccuperete di loro ed eviterete di arrabbiarvi;
- di fronte a ogni dubbio, non limitatevi a sperare di esservi sbagliati e a ripetervi che probabilmente non è successo niente di grave. Parlatene prima di tutto con i figli, e con i genitori dei loro amici, se credete che possano fornirvi informazioni importanti.
In conclusione, occorre semplicemente prendere coscienza che l’accesso al mondo digitale da parte delle nuove generazioni deve avvenire in modo controllato, attraverso l’utilizzo di regole, specie se si tiene presente il fatto che i ragazzi, in virtù della fase evolutiva in cui si trovano, vogliono tutto e subito, sono alla ricerca di emozioni forti, vogliono sperimentare e vivono le esperienze sull’onda dell’istinto. Si tratta di pulsioni sane e vitali, che non vanno di certo represse, semplicemente, l’adulto deve avere, in questo campo come in tutti gli altri in cui si gioca la crescita, un ruolo regolativo. Le neuroscienze ci insegnano, infatti, che i ragazzi hanno bisogno di imparare ad apprendere ad integrare emozione e cognizione, cosa che li aiuta a sviluppare la coscienza di sé e a proteggere se stessi in condizioni di potenziale pericolo; proprio questa abilità sembra venire a mancare quando vengono messi in atto comportamenti a rischio. L’adulto ha il compito di fare da guida, aiutando il figlio a venire in contatto con stimoli che è in grado di gestire tenendo conto della fase di crescita in cui si trova, in modo da non mettersi in situazioni pericolose o, semplicemente, non adeguate, bruciando le tappe.Le scoperte neuro scientifiche degli ultimi decenni ci hanno fornito informazioni straordinarie sull’evoluzione del cervello nelle differenti fasi della crescita, soprattutto rispetto allo sviluppo della sessualità e alla sua transizione nell’”era digitale”. Ora siamo a conoscenza che la preadolescenza è forse l’età più vulnerabile davanti all’iperstimolazione, all’eccesso di eccitazione e alla mancanza di regolazione che connotano le attività online. Per capire come sia possibile supportare il benessere, la crescita e la salute sessuale di un figlio “nativo digitale”, è necessario tenere conto delle insidie cui spesso un utilizzo non corretto delle nuove tecnologie può esporre i preadolescenti e gli adolescenti, agendo in prevenzione con consapevolezza. In quest’ottica, Alberto Pellai ripropone agli albori del 2021, ai genitori e ai professionisti, delle basi educative su questi argomenti, già affrontati nella prima edizione del suo libro “Tutto troppo presto” (2015), ora più attuali che mai. In particolare, associati alla dimensione della sessualità, frequentazione di siti pornografici, adescamento online, sessualizzazione precoce delle ragazze e sexting, sono i quattro temi protagonisti della prima versione del volume di Pellai che oggi, esattamente come sei anni fa, rappresentano delle priorità assolute nell’intervento educativo e preventivo in età evolutiva.
Adolescenti, sesso e media: perché i figli hanno bisogno di noi per una sana educazione sessuale
Il punto di partenza definito da Pellai è che i genitori debbano offrire un modello affidabile e un codice di condotta coerente per i figli; questo vale per i comportamenti off-line come per quelli on-line. Di fatto, accade di frequente che i genitori, non avendo avuto occasione di gestire stimoli legati all’utilizzo delle tecnologie durante il proprio percorso di crescita, siano impreparati a gestire questo tipo di dinamiche. Basti pensare alla mancanza di privacy e alla percezione del sesso, quest’ultimo ad oggi normalizzato, possibile, fluido e facilmente accessibile nella vita online, un tempo impensabile, i quali espongono le ragazze e i ragazzi a rischi concreti, perché tutto diventa pubblico e disponibile. In sintesi, i genitori non dispongono di modelli educativi al riguardo, perché non hanno avuto modo di apprenderli dai loro stessi genitori; inoltre, essi sono spesso meno esperti di tecnologia dei loro stessi figli e, non essendo coscienti dei rischi, non svolgono un ruolo protettivo, cosa che, invece, farebbero nei contesti che padroneggiano. Ciò avviene anche in virtù della massiccia diffusione che le nuove tecnologie hanno avuto nell’arco di breve tempo: chi non entra nel mondo del 2.0 è tagliato fuori, e si sottrae ad una norma sociale. Così, spesso spinti dal bisogno di eccitazione ed emozione, soprattutto in preadolescenza, i ragazzi rendono pubblici aspetti di sé, della propria vita e del proprio corpo che invece dovrebbero essere protetti dalla privacy. Ne derivano gravi conseguenze, sia per il singolo soggetto che per il gruppo dei pari al quale appartiene. Di tutto questo è complice una tecnologia che rende accessibili in un click contenuti ed esperienze che i giovanissimi spesso non sono in grado di capire e gestire, in quanto privi di uno sfondo conoscitivo ed esperienziale. Inoltre, tra i 10 e i 14 anni vi sono nuove sfide evolutive che ragazze e ragazzi devono affrontare in questa fase del loro ciclo di vita, come i cambiamenti del corpo, della propria sessualità, le nuove relazioni, le amicizie, il desiderio di indipendenza dai genitori e la ricerca di autonomia, e si verificano in concomitanza importanti cambiamenti del cervello, che finiscono per spiazzare i genitori. Per usare l’esempio offerto dallo stesso Pellai a questo proposito, difficilmente un genitore acconsentirebbe di buon grado a far guidare l’auto al figlio sedicenne sprovvisto di patente, motivando il rifiuto con l’affermazione che il figlio non ha la maturità e l’esperienza adeguata per guidare da solo; lo stesso genitore, di frequente, non ha difficoltà a dotare il figlio di otto anni di un I-Phone, scarsamente consapevole delle conseguenze che possono nascere dall’utilizzo di uno strumento così potente. Possiamo dire altrettanto dell’aprire un profilo Facebook (cosa che si potrebbe fare non prima dei tredici anni d’età) o dell’usare applicazioni come Whatsapp (il cui utilizzo sarebbe consentito non prima dei sedici anni).
Ecco alcune azioni concrete che nella quotidianità ci permettono di trasmettere ai figli messaggi “alternativi” e consapevoli:
1. insegnate a guardare la tv con occhio critico. Il ruolo delle donne nei programmi televisivi è spesso “decorativo e di contorno”. Questa tendenza si è molto diffusa anche nei programmi per ragazzi. Un esempio classico sono i concorsi di bellezza, Mentre nostra figlia cresce, imparare con lei a vedere in questi programmi tutto quello che non viene mostrato ha grande importanza. Potrebbero rivelarsi molto utili domande del tipo: Non ti sembrano un po’ tutte uguali? Che cosa si vede del loro “saper essere” in un programma così concentrato sul lato esteriore? Trovi giusto che in questi concorsi facciano una classifica che stabilisce il valore di cento ragazze in base ai parametri e alle prove proposti? Un’estremizzazione di questo meccanismo sono i concorsi di bellezza per giovanissime e addirittura per bambine. Nel concreto, di fronte a estremi simili, e in ogni situazione e programma in cui vi sembra che la femminilità sia celebrata soltanto in un’accezione estetica, in particolare se al centro dello schermo ci sono giovanissime, aiutate in tutti i modi le ragazze a sviluppare un pensiero critico. Discutete con loro di come i messaggi che celebrano la sensualità e la sessualità autorizzino adolescenti e preadolescenti a credere che il loro valore stia soprattutto nell’aspetto estetico. Quando potete, fermate l’immagine e, osservando il primo piano della ragazza in TV, ponete domande come: Perché, secondo te, si fa tanta pressione sulle giovanissime affinché si mostrino agli altri soltanto in questa versione sexy e provocante? Quali caratteristiche ritieni importante che abbia una bambina/ragazza quando devi passare tanto tempo in sua compagnia? Secondo te, queste caratteristiche contano di più del modo in cui appare e si mostra agli altri?;
2. discutete insieme del modello dominante. Per le ragazze è un dato di fatto: fin da molto piccole, il mercato le spinge a vivere nel proprio corpo, più che a vivere il proprio corpo. Provate a fare un’analisi per settore: per esempio, soffermatevi sui contenuti e sulle immagini di un magazine sportivo e di uno di moda. Notate quali ruoli hanno le donne nell’uno e nell’altro. Provate a discutere con lei di quanto gli abiti e la preoccupazione per il look, con infiniti controlli e risistemazioni davanti allo specchio, rubino tempo ed energie a molte altre attività che potrebbero essere ugualmente importanti, come lo studio, le relazioni con gli amici e la ricerca di interessi alternativi da coltivare nel tempo libero. Aiutatela a comprendere che a dare valore a una persona non sono gli sguardi altrui, ma la capacità che ha di raccontarsi a sé stessa, di sentirsi importante e significativa non solo per l’aspetto, ma anche per com’è e per quello che sa fare. Insegnatele a costruire una mappa delle competenze che secondo lei è necessario possedere per avere davvero successo nella vita, e assicuratevi che includa competenze reali, non soltanto aspetti esteriori e preoccupazioni estetiche;
3. dite la vostra. Se non vi piace un programma televisivo, il testo di una canzone, il modo in cui le ragazze sono raccontate in un video musicale o in un servizio giornalistico, ditelo a voce alta. Spiegate i motivi per cui non condividete quel modo di raccontare la femminilità senza fare prediche o apparire moralisti. Fornite semplicemente il vostro punto di vista. Se, invece, vi imbattete in qualcosa che valorizza la donna in tutti i suoi aspetti, e non solo per l’estetica, spiegate perché vi piace. Non esitate a far sentire la vostra voce con i commercianti, i produttori televisivi, i direttori di riviste che promuovono un’immagine delle giovanissime in chiave sessuale senza alcuna preoccupazione educativa, ma solo per fare soldi;
4. comprendete il loro punto di vista e cercate di ampliare i loro orizzonti. I giovanissimi, anche rispetto alle preferenze televisive e musicali, si trovano al centro di forti pressioni sociali e di massicce campagne di marketing. Di conseguenza, sono sempre più numerosi coloro che seguono gli stessi programmi televisivi e ascoltano i medesimi artisti, spesso felici di appartenere a una maggioranza. Piuttosto che vietare e negare con forza, molto meglio fare qualche concessione e condividere con i figli pensieri e riflessioni. Essere al loro fianco quando devono decidere che cosa comprare senza risultare troppo invadenti può essere d’aiuto, e soprattutto può servire a includere il parere di mamma o di papà tra quelli consultati prima di una decisione. È sempre meglio essere contestati che non essere considerati affatto. Alla fine, il messaggio da trasmettere è che per voi conta ciò che sono veramente e che le loro capacità vanno ben oltre l’aspetto esteriore. L’atteggiamento più utile nella relazione con figli desiderosi di avere tutto e subito, di bruciare le tappe, di diventare adulti anche se sono solo preadolescenti è quello dell’adulto che ascolta con tranquillità e a volte interviene;
5. incoraggiate attività alternative. Perché le ragazze percepiscano che il loro valore non dipende esclusivamente dall’aspetto fisico, è bene che si sentano apprezzate dagli adulti, nutrite e sostenute in tutto ciò che non ha a che fare con la sola bellezza: l’intelligenza, la capacità di espressione creativa ed artistica, la voglia di stare in compagnia. Per esempio, da sempre penso che l’esperienza dello scoutismo E poi, ci sono danze di gruppo, escursioni senza adulti, veri riti di passaggio. Non va trascurato che educare alla bellezza e appassionare un figlio alle arti, come anche l’educazione spirituale;
6. siate adulti autorevoli e competenti. Educateli, aiutateli a stare con i piedi per terra, date l’esempio: ecco, in tre passi, la strategia che di sicuro vi renderà più attendibili e affidabili degli strateghi del marketing. Educateli. Anche se a volte non è facile e costa fatica e disagio, è importante che sappiate trasmettere messaggi e sostenere conversazioni sulla sessualità. Aiutateli a stare con i piedi per terra. Insegnate ai vostri figli e studenti a focalizzarsi su ciò che ritengono realmente importante, in base ai loro pensieri, sentimenti e valori. Date l’esempio. Il marketing e i media hanno grande influenza anche su noi adulti, che spesso cadiamo nella trappola del mercato quanto i nostri figli, se non di più. Ciò che pensiamo, come ci vestiamo, cosa compriamo, guardiamo, leggiamo e preferiamo insegna ai ragazzi più di mille parole. Saremo per loro un modello a cui ispirarsi se siamo coerenti e credibili, e da cui allontanarsi se, invece, non sembreremo autorevoli.
È importante inoltre definire come, l’immediatezza e facilità con cui è possibile visionare contenuti sessuali richiama al grande tema della pornografia. Su internet, a qualsiasi età, è possibile visitare un sito porno e vedere innumerevoli filmini girati da persone esperte del settore, o anche amatori. La pericolosità di tale esposizione precoce e senza regole o controlli, né spiegazioni, appare ormai evidente.
Molti genitori ignorano che i propri figli guardino film porno già alle elementari. Altri ancora lasciano correre. Il mito dell’uomo “virile” che non può fare a meno dei propri impulsi sessuali è oggi più che mai presente, inculcato nelle menti. La lontananza dei genitori dall’uso di internet rende i giovani sempre più in balia dell’esperienza sessuale online. I filtri e i controlli non solo la soluzione per un percorso preventivo. È essenziale essere adulti attenti e disposti al dialogo. Il “non vedere”, o il non sapere cosa fa il proprio figlio online è una velata dichiarazione di non imporre dei limiti. Spesso pensiamo che se un giovane vede un film porno, al massimo si “svilupperà prima”. In realtà, la visione di questi contenuti può portare a veri traumi, legati ad esempio all’incapacità dei ragazzi di autoregolarsi, incappando in dipendenze patologiche da “cyber-sex”, eccessivo uso di pornografia online o sviluppo di relazioni online con sconosciuti. Non vi sono limiti nel web, bastano pochi click tanto che molti giovani vedono filmini e immagini “hot” a scuola. Non si tratta di vietare la pornografia, quanto di accompagnare i giovani alla comprensione critica di un’educazione alla sessualità, in cui è necessaria la mediazione di un adulto.
Il sexting
Nata dalla crasi delle parole inglesi “sex” e “texting”, descrive l’atto di condividere messaggi, immagini o video a contenuto sessuale più o meno esplicito, prodotti attraverso cellulari, computer, tablet, palmari e scambiati via chat, social network e programmi di messaggeria istantanea. Non è diffusa solo tra gli adolescenti, ma ha numerosi adepti anche tra giovani e adulti. Se ne parla molto solo da pochi anni, perché il fenomeno è diventato epidemico con la diffusione capillare dei computer e l’avvento degli smartphone di ultima generazione, dotati di videocamere digitali integrate, ora accessibili su scala mondiale e a basso costo grazie alle innovazioni tecnologiche. Gli smartphone, in particolare, hanno ormai sostituito del tutto i vecchi telefoni cellulari, in grado solo di inviare e ricevere SMS e telefonate. Dal momento che il sexting è un fenomeno nuovo e poco conosciuto, la ricerca sta cominciando ora a definirne diffusione e fattori di rischio, e a individuare possibili protezioni. Di conseguenza, è ancora difficile comprendere quali aspetti siano oggettivamente pericolosi per il minore, oppure illeciti o criminali, e quali, invece, siano da considerarsi normali manifestazioni delle prime esplorazioni amorose e sessuali dei giovanissimi. negli ultimi anni, la diffusione dei social network e la disponibilità di strumenti di comunicazione digitali e tecnologici ha aperto nuove forme di esplorazione. Molta parte del sesso si può fare in modo virtuale, senza mettersi in gioco concretamente. Il corpo nudo può essere condiviso attraverso un autoscatto o la webcam, senza che l’altra persona possa toccarlo. Ci si può mostrare disinibiti e pronti a tutto davanti a un computer, ma non comportarsi affatto così nella vita reale. In chat, si può fingere di essere molto diversi da come si è davvero, ossia generare identità alternative. E tutto questo alimenta il gioco della fantasia, della curiosità, dell’esplorazione e dell’eccitazione. In questa accezione il sexting potrebbe essere considerato un atto sessuale attraverso cui esplorare alcuni aspetti (curiosità, eccitazione, stimolazione dell’interesse e del desiderio dell’altro) in una modalità protetta. Grazie alle immagini, l’adolescente può dire a se stesso e al partner che è in grado di entrare in intimità con qualcuno senza dover arrivare al rapporto concreto. Il sexting va incluso tra i comportamenti problematici e a rischio quando ha il solo scopo di rispondere a sollecitazioni narcisistiche o di calamitare l’interesse dell’altro. In un periodo storico e in un contesto socioculturale in cui i figli imparano che tutto ciò che li rende seducenti è positivo e può servire ad acquisire uno status nel gruppo dei pari, il ricorso alla pratica, specie tra le ragazze molto giovani, può diventare un indicatore di sessualizzazione precoce e contribuire a sviluppare un’idea di sessualità non inclusa in una relazione, bensì intesa come strumento per raggiungere altri scopi, quali popolarità, ammirazione e accettazione nel gruppo delle più disinibite. Un altro aspetto che molti giovanissimi non considerano è che fare sexting durante le prime storie d’amore significa praticare qualcosa di cui molto probabilmente perderanno il controllo nel giro di poco tempo. Spesso, infatti, sono del tutto inesperti nella gestione delle dinamiche di una relazione, soprattutto quelle affettive, che possono risultare molto complesse. Per questo il sexting può rilevarsi fortemente autolesivo ed è bene che un giovanissimo impari a non praticarlo e a non produrre né diffondere mai immagini di sé in situazioni compromettenti o in atteggiamenti sessualmente espliciti. Ecco che cosa dovrebbe sapere un figlio sul sexting:
- può essere un autogol. Fare sexting può compromettere la propria immagine e reputazione, con risvolti inaspettati e sgradevoli sia nel presente, sia nel futuro. Per esempio, nel gruppo di amici una foto “bollente” può diventare causa di derisione o di esclusione, può essere usata per mettere in imbarazzo, innescare fenomeni di cyberbullismo, condizionare le relazioni con i pari e con potenziali partner, creare stress psicologico. ma è importante riflettere con un figlio su un punto: ciò che facciamo oggi e che ci sembra fantastico potrebbe ritorcersi contro di noi come un boomerang tra qualche anno. Lo stesso discorso vale quando discutiamo con i ragazzi dell’opportunità o meno di farsi un tatuaggio o un piercing. L’idea di fondo rimane la stessa: rimandare ogni azione definitiva alla maggiore età, quando saranno in grado di decidere da sé;
- può alimentare pregiudizi in futuro. Ciò che viene pubblicato on-line difficilmente è eliminabile per sempre: rimane nella rete, accessibile a chiunque, compresi datori di lavoro futuri, istituzioni accademiche, familiari, amici e conoscenti. È importante che i nostri figli, la prima vera generazione di nativi digitali, siano consapevoli che chi dovrà valutarli per qualsiasi ragione (una posizione lavorativa, l’ammissione a un’associazione sportiva, la candidatura per un partito politico) non verificherà solo il loro curriculum vitae. Nella maggior parte dei casi, un esperto informatico cercherà anche le informazioni reperibili on-line, scovando tutto ciò che è stato seminato nel web sul loro conto. In rete nulla può essere distrutto e ogni attività che vi abbiamo svolto, inclusi i post sui social network, costituirà le nostre impronte digitali;
- può esporre a conseguenze penali. Anche se i ragazzi non ci pensano mai, possedere immagini a sfondo sessuale di minorenni può esporli al rischio di un procedimento penale, secondo la legge contro gli abusi sui minori e la pedopornografia. Se poi le immagini vengono distribuite all’insaputa del soggetto fotografato, il reato si aggrava, diventando non solo di detenzione, ma anche di distribuzione. Non va dimenticato che una fotografia in rete potrebbe essere intercettata da qualunque sconosciuto e per gli scopi più disparati. Anche se può sembrarti un tradimento, se tu o un tuo amico siete coinvolti in una pratica di sexting la soluzione migliore è parlare con un adulto, qualcuno di cui ti fidi, che possa intervenire e aiutare la persona in pericolo. Non ti sgriderà, bensì si attiverà per proteggere e mettere al sicuro chi, magari inconsapevolmente, rischia di trasformare un divertimento o un semplice scherzo in un comportamento autolesivo.
L’adescamento online
L’adescamento on-line è forse il tema più temuto dai genitori, perché ci si sente vittime impotenti in balia di una figura esterna che irrompe in casa attraverso internet, se i figli non sono capaci di porsi alcune regole per proteggersi. Adescare un adolescente attraverso i social network è relativamente facile. Si entra in contatto tramite il profilo Facebook o una chat e poi si approfondisce la relazione virtuale condividendo temi sempre più intimi e personali. L’adescatore non ha la faccia dell’orco o del criminale, ma quasi sempre si presenta come una persona molto abile nello stringere e mantenere rapporti con il minore. Numerose ricerche rivelano che la verità sui predatori on-line è ben differente da come la immaginiamo noi adulti. Non si tratta di mostri che fanno cose terribili e minacciano in ogni modo le povere vittime, troppe volte dipinte come bambini indifesi caduti nella rete del cattivo che approfitta della loro innocenza e ingenuità. In realtà, quasi sempre tra le due parti si crea una relazione via via sempre più profonda, basata su seduzione e intimità, senza alcuna traccia apparente di coazione e violenza. La maggior parte delle volte i protagonisti sono maggiorenni che usano internet per incontrare e sedurre minorenni, con l’obiettivo di coinvolgerli in attività sessuali. I mezzi di contatto sono e-mail, messaggi sui social network, chat-room, che permettono conversazioni a due in un’atmosfera di intimità e riservatezza. La vittima in genere è consapevole di avere a che fare con un adulto, e anche le sue intenzioni sessuali sono quasi sempre dichiarate. In parte il problema è l’immaturità cognitivo-emotiva dei giovani. Inoltre, internet offre la possibilità di soddisfare la curiosità verso il sesso tipica dell’età attraverso relazioni virtuali interessanti e stimolanti, senza le complicazioni e i rischi della vita reale. Insomma, molti cercano i rapporti on-line perché li ritengono più protetti e meno pericolosi. Pochi ragazzi hanno ricevuto una buona educazione sessuale, quindi raramente prendono on-line le stesse precauzioni che adottano nella vita reale. Un minore che naviga in internet può avere le abilità tecniche per gestire la tecnologia, ma non la maturità e le competenze emotive necessarie a scegliere in piena autonomia come muoversi in rete: questo spetta a noi. Ecco le cinque contromisure che ogni adulto dovrebbe prendere con un adolescente per prevenire l’adescamento on-line:
- monitorate le attività su internet del minore a partire dal momento in cui gli viene concesso di navigare da solo, gestire in autonomia il proprio profilo sui social network e utilizzare un indirizzo di posta elettronica personale. Dovrete, perciò, stabilire con lui come e quando verificherete le sue attività in rete;
- se il ragazzo ha già conoscenze dirette online, siate molto chiari circa le vostre aspettative sui suoi contatti con sconosciuti incontrati in rete e sulle misure protettive che deve sempre rispettare;
- parlate a lungo dell’adescamento on-line affinché ne prenda coscienza e sia consapevole del pericolo;
- offrite ai figli la certezza che sarete sempre disponibili a parlare di tutto e che, anche se saranno nel peggiore dei pasticci e avranno paura di confessarvi i propri errori, voi vi preoccuperete di loro ed eviterete di arrabbiarvi;
- di fronte a ogni dubbio, non limitatevi a sperare di esservi sbagliati e a ripetervi che probabilmente non è successo niente di grave. Parlatene prima di tutto con i figli, e con i genitori dei loro amici, se credete che possano fornirvi informazioni importanti.
Stregati dai videogiochi: la dipendenza dai giochi online
Quanti preadolescenti si trovano sempre più immersi nei loro videogame preferiti, giocando senza soluzione di continuità, al punto di partecipare sempre meno alla vita reale? Noi genitori ce ne siamo già accorti: i videogiochi possono diventare un grande problema nel percorso di crescita, soprattutto dei figli maschi, che ci sguazzerebbero per ore. Noi intuiamo che tutto quel tempo dedicato al gioco è tempo in cui non frequentano la palestra della vita, quella in cui si vive e ci si confronta con situazioni reali, con persone reali al proprio fianco. Del resto, queste cose le intuiscono anche i figli, eppure spesso non riescono a smettere di giocare, anche se diamo regole, minacciamo sanzioni, facciamo firmare contratti educativi, proviamo a farli ragionare. La questione è molto più che un semplice intoppo familiare: sta diventando un conclamato problema di sanità pubblica, tanto che in alcune nazioni esistono servizi sanitari specializzati nel trattamento delle nuove dipendenze legate alle tecnologie, videogiochi inclusi. Il gioco su internet allora potrebbe essere un modo per “nascondersi” nel mondo virtuale ed evitare o attenuare le attivazioni emotive suscitate in loro dalla vita reale. Spesso però i genitori non ce la fanno a porre regole e confini alle abitudini dei propri figli perché sentono di non essere abbastanza autorevoli. Di conseguenza, non si sentono autorizzati a stabilire delle norme di comportamento e a sostenere un conflitto sano con chi sta crescendo sotto la loro responsabilità educativa. Eppure, il nucleo della faccenda sta tutto qui: stabilire limiti chiari che permettano a chi sta crescendo di soddisfare la sua voglia di autonomia e indipendenza senza incorrere in effetti collaterali indesiderati. La ricerca però ci dice di non demordere perché questo ruolo regolativo è cruciale quando le novità tecnologiche entrano nella vita dei giovanissimi. È quello il momento in cui stilare un contratto educativo, fare un patto di corresponsabilità e monitorarne il rispetto nel tempo, mostrando che vogliamo che le regole siano osservate in modo costante e non estemporaneo. In quanto genitori, come possiamo prevenire la dipendenza da videogiochi? Ecco alcuni consigli pratici per evitare che i nostri figli cadano nella trappola:
1) l’educazione emotiva. Il primo fattore di protezione è rappresentato da un buon grado di intelligenza emotiva da parte del preadolescente, ossia è importante promuovere la sua capacità di percepire, comprendere, esprimere e regolare le proprie emozioni. Inoltre, occorre aiutarlo a sviluppare competenze empatiche che gli permettano di mettersi in relazione con gli altri sintonizzandosi con i loro stati emotivi. Solo così, infatti, potrà sentire un costante desiderio di vivere relazioni significative all’interno del gruppo dei pari, anziché fuggirne per rifugiarsi nella realtà virtuale;
2) Proporre attività nella vita reale. La forma di prevenzione forse più importante ed efficace di tutte è stimolare nostro figlio a svolgere attività scolastiche ed extrascolastiche, perché queste rappresentano un collegamento con la vita reale, e perché diminuiranno il tempo a disposizione per dedicarsi ai videogiochi. Questa forma di prevenzione sarà tanto più efficace se non si limiterà alla preadolescenza, ma inizierà già nell’infanzia. Nostro compito sarà allora essere presenti nella vita dei figli fin da piccoli, aiutandoli a inserirsi in contesti educativi, aggregativi e di animazione in cui possono sperimentare la bellezza di vivere esperienze divertenti, avventurose, all’aria aperta, in compagnia di amici di pari età, stimolando in loro passioni e interessi culturali, sostenendo la frequentazione di associazioni sportive o di altro tipo, come per esempio gli Scout. Questa rimane la migliore forma di prevenzione e di sostegno alla crescita che possiamo promuovere con il nostro progetto educativo;
3) essere presenti. Questo, però, non significa accettare e tollerare tutto. Alla vicinanza emotiva deve corrispondere un’autorevolezza educativa degli adulti, che devono essere in grado di fornire regole chiare, valide per tutti: per i giovani, ma anche per gli adulti stessi. Genitori che sanno avere un buon controllo della propria vita online, che non si distraggono continuamente per chattare o controllare i social rappresentano per i figli il migliore esempio di cosa significhi saper prendere il meglio dalle tecnologie senza farsene intrappolare. Fornire un modello che sia di ispirazione per un figlio.
4) la supervisione. Occorre stilare con i figli un vero e proprio contratto educativo, che noi e loro dobbiamo concordare e accettare, in cui vengono definite regole chiare di utilizzo. In particolare: tempo massimo di gioco giornaliero; momenti della giornata in cui non si può avere accesso ai videogiochi (per esempio quando la famiglia si riunisce per i pasti, mentre si studia, dopo cena o comunque prima di andare a letto); tipologie di giochi consentiti, anche in base alla classificazione PEGI. Se li abituiamo a seguire delle regole, nel tempo svilupperanno la capacità di farle proprie;
5) stabilire le regole prima di iniziare a giocare. Molti genitori intervengono “a gamba tesa” quando il proprio figlio sta giocando troppo a lungo. staccano la spina. Nessuna situazione potrà mai essere risolta o gestita in questo modo. Questa tipologia di intervento, infatti, fa esplodere la parte “emotiva” del cervello di un preadolescente, È importante quindi stabilire una routine da rispettare. Prima di ogni sessione vostro figlio dovrà: informarvi di quando comincia a giocare; dirvi lui, in base alle regole stabilite, a che ora dovrà smettere; predisporre un timer settato su questa ora limite, in modo che quando suona saprà che deve spegnere. In questo caso, non sarà più un intervento estemporaneo e “a gamba tesa”, perché lo avete avvertito prima. Come a dire: “uomo avvisato, mezzo salvato”. E nel momento in cui il timer suona, chiedetegli di spegnere il videogioco.
6) rispettare la classificazione pegi. Sapevate che esiste una classificazione dei videogiochi che indica la fascia d’età per cui sono adatti? Molti genitori la ignorano, e invece è molto importante conoscerla, per scegliere i giochi con oculatezza. Su ogni videogioco si trova la scritta “pegi” accompagnata da un numero. I PEGI 3 si possono usare dai tre anni in su. Poi ci sono i PEGI 7, i PEGI 12 e quelli sconsigliati ai minorenni: i PEGI 18. Purtroppo quasi nessuno segue questo criterio, né adulti né minori. Di solito bambini e preadolescenti usano videogiochi non adatti a loro. Una regola di prevenzione cruciale, allora, è di non dare in mano a un figlio un videogioco che è stato classificato per età superiori alla sua.
Ogni tentativo di contrastare la dipendenza da videogiochi a livello familiare e collettivo si scontra con un fattore forse poco considerato: il mercato e i profitti delle multinazionali produttrici di videogiochi. Queste ultime tendono a sostenere che il problema non stia nella natura del proprio prodotto, bensì nell’utilizzo che se ne fa. In tal modo, l’intera responsabilità viene spostata sulla famiglia e sul mondo educativo: i videogiochi, cioè, sarebbero una forma di intrattenimento come tante, e se i ragazzi non riescono a regolarsi nel loro utilizzo, fino a sviluppare una dipendenza, la causa è l’inconsistenza o la scarsa responsabilità delle figure adulte di riferimento. Ovviamente, questo non è vero, perché la struttura stessa del videogioco ha una capacità attrattiva fortissima sulla mente dei preadolescenti, che li induce a un utilizzo sregolato. Nessun ragazzo è mai diventato dipendente dai giochi della Playstation Wii che prevedano un’intensa attività fisica, senza obbligarlo a confrontarsi con un’esperienza immersiva e totalizzante come quella di Fortnite e Brawl Stars, tanto per fare degli esempi. E c’è un altro aspetto da considerare: spesso i videogiochi richiedono un notevole investimento di denaro, per pagare l’uso online, ma anche per attrezzature che vengono presentate come necessarie, allo scopo di rendere ancora più totalizzante l’esperienza.
In conclusione, occorre semplicemente prendere coscienza che l’accesso al mondo digitale da parte delle nuove generazioni deve avvenire in modo controllato, attraverso l’utilizzo di regole, specie se si tiene presente il fatto che i ragazzi, in virtù della fase evolutiva in cui si trovano, vogliono tutto e subito, sono alla ricerca di emozioni forti, vogliono sperimentare e vivono le esperienze sull’onda dell’istinto. Si tratta di pulsioni sane e vitali, che non vanno di certo represse, semplicemente, l’adulto deve avere, in questo campo come in tutti gli altri in cui si gioca la crescita, un ruolo regolativo. Le neuroscienze ci insegnano, infatti, che i ragazzi hanno bisogno di imparare ad apprendere ad integrare emozione e cognizione, cosa che li aiuta a sviluppare la coscienza di sé e a proteggere se stessi in condizioni di potenziale pericolo; proprio questa abilità sembra venire a mancare quando vengono messi in atto comportamenti a rischio. L’adulto ha il compito di fare da guida, aiutando il figlio a venire in contatto con stimoli che è in grado di gestire tenendo conto della fase di crescita in cui si trova, in modo da non mettersi in situazioni pericolose o, semplicemente, non adeguate, bruciando le tappe.
Comments